domenica, 06 ottobre 2024

03 febbraio 2022

 

"Tono tristi, incupiti, privi di entusiasmo, praticamente spenti: sono i giovani al tempo della pandemia, quelli che al contatto fisico e alla socialità stanno preferendo gli schermi digitali e le confort zone delle loro camerette. Un cambiamento epocale, che però non è tutta colpa del Covid: il virus, le restrizioni, i divieti e tutto il resto hanno acuito un’emergenza sviluppatasi prima della pandemia". Così il pedagogista e coordinatore dell'ambulatorio antibullismi dell'Asp ri Ragusa, Giuseppe Raffa, che aggiunge: "lo dico e lo scrivo da quasi due anni, e adesso ne sono certi anche i dirigenti scolastici siciliani coinvolti nella ricerca dal titolo: “Giovani depressi, aggressivi, spenti. Famiglie e scuola sempre più in difficoltà: E’ tutta colpa del Covid?”. Il mio studio si è basato su una  survey con tre quesiti: 1) I ragazzi sono cambiati, ma è davvero tutta colpa del virus? 2) E’ mutata la relazione tra la scuola e i genitori? 3) Come è intervenuta la scuola per aiutare i ragazzi e supportare le famiglie? Tre semplici domande alle quali hanno risposto una cinquantina circa di dirigenti scolastici delle nove provincie siciliane. Ebbene, per il 75% il Covid ha contribuito a far galoppare una emergenza già in atto tra le giovani generazioni prima dell’esplodere della pandemia. Un inedito ed epocale 'male oscuro' che col virus si è diffuso a macchia d’olio coinvolgendo,  soprattutto, i preadolescenti e gli adolescenti tra gli 11 e i 16 anni. Sarebbe questa per i presidi la fascia giovanile che maggiormente ha sofferto la chiusura delle scuole, il ricorso alla Dad, la mancata socialità coi coetanei, le restrizioni e i divieti imposti dalla pandemia. Com’era prevedibile la crisi sanitaria ha peggiorato la situazione dei più fragili. Per farla breve, anche i presidi sono dell’avviso che non è tutta colpa del Covid se i ragazzi stanno mostrando la faccia triste e depressa, brutta e cattiva che nessuno di noi avrebbe mai voluto essere svelata. E’ anche colpa del Covid. 

Che gli studenti non stessero bene già prima del diffusione del virus lo rivela Daniela Lucangeli, esperta di neuroscienze e apprendimento, che in un suo libro del 2017 così scriveva: 'I nostri ragazzi stanno sperimentando ansia e stress, il 60% di loro sta male stabilmente nella sua scuola'. 

E i genitori? E’ cambiato il loro rapporto con la scuola? Qui i presidi si dividono. Per il 55% del campione il Covid avrebbe reso le famiglie più aggressive, pretenziose e invadenti. Tanto che un nuovo, pericoloso stato di tensione sarebbe scoppiato tra la istituzione scolastica e le famiglie. Sarebbero anche aumentate le incomprensioni tra le due agenzie, e ciò avrebbe allontanano ulteriormente i genitori. La pensa in maniera differente il 45% dei presidi: sono quelli i cui genitori avrebbero addirittura migliorato il rapporto con la scuola. Non solo. Molti di loro si  sarebbero anche avvicinati ai docenti, ovviamente solo virtualmente. 

Terza domanda della survey: cosa hanno fatto le scuole per aiutare i ragazzi e supportare le famiglie? Alcuni presidi siciliani hanno scelto di aiutare gli studenti ricorrendo al classico sportello ascolto gestito dallo psicologo a scuola: lo ha fatto il 24% circa del campione da me chiamato in causa. Una scelta che in alcuni casi non ha però funzionato com’era nelle aspettative: lo ha fatto sapere il 7% circa dei presidi, quelli costretti a registrare la scarsa affluenza di ragazzi davanti lo sportello in questione. Gli stessi studenti che hanno preferito rivolgersi ai docenti referenti e/o delle classi per chiedere di accendere un po’ di luce sul loro periodo buio. E i genitori? Poco o nulla è stato fatto per loro. Nel senso che i tempi pandemici hanno imposto a tutte le scuole d’aiutare prima i ragazzi, per poi occuparsi d’altro, cioè di Dad, di distanziamento, di sanificazione dei locali, di tamponi, quarantene e via dicendo. Così hanno fatto tutte le scuole. Ma adesso è tempo di supportare anche i genitori, molti dei quali vivono in clamoroso momento di difficoltà come mai accaduto in epoca moderna. E’ il trionfo della tesi che sostengo da anni, e cioè che l’attuale disagio giovanile ha radici antiche, e dipende soprattutto dai genitori e dal loro “abbandono educativo”. Bravi e svelti i presidi nel comprendere al volo che se si intende ragionare davvero su quello che sta accadendo ai ragazzi si deve tornare indietro, partire da Internet e dalla conseguente, improvvida e devastante scelta di molti genitori di lasciare soli figli, oppure di affiancarli simmetricamente vestendosi come loro, nutrendosi della stessa cultura e modi di fare. Sono le mamme e i papà “amiconi”, per essere più precisi. Ed è stato a quel punto, siamo nella prima decade dei Duemila, che gli esperti hanno cominciato a registrare l’inesorabile avanzare del pericoloso atteggiamento di rinuncia degli adulti nei confronti della educazione dei figli, dei nipoti, degli alunni. Ma perchè per la prima volta le famiglie hanno fatto un passo indietro nel crescere i figli? Colpa della crisi dei ruoli di padre e di madre, innanzitutto. Col passo indietro del primo è venuto a mancare il cosiddetto “ sguardo verticale”, il ruolo del pater familias si è lentamente sbiancato, è ufficialmente entrato in crisi. Un fatto inedito e trasversale che ha scatenato la crisi parallela delle autorità scolastica, politica, istituzionale, degli adulti competenti più in generale. Gradualmente dalla verticalità si è passati alla orizzontalità 'fraterna', dove si è tutti uguali, nelle famiglie è scomparso il conflitto generazionale, e l’aggressività giovanile, prima concentrata sul padre, si è trasferita nelle strade, a scuola, nei locali. Nel volgere di pochi anni la nuova società orizzontale e 'liquida', secondo Bauman, ha cancellato limiti e confini, con la conseguenza che la famiglia non è più riuscita ad essere luogo preferenziale per la risoluzione dei conflitti. Genitori solo orizzontali, inadeguati anche per colpa di Internet, che ha generato quella nuova 'specie umana', i nativi digitali, nei riguardi dei quali urgono nuovi canoni pedagogici e tecnologici. La solitudine dei giovani ha determinato il moltiplicarsi già prima della pandemia degli atteggiamenti alloplastici, cioè di violenza verso coetanei, adulti e cose, e il diffondersi degli atteggiamenti autoplastici, cioè di danno verso se stessi e di attacco al corpo, che il Covid ha poi contribuito a far galoppare. Colpa della pandemia, certo. Ma anche dell’assenza delle famiglie, della politica, degli adulti di riferimento. Una cosa è certa, bisogna intervenire. Serve lo psicologo per famiglie e giovani. Occorre, anche, soprattutto, un progetto di affiancamento pedagogico, un piano Marshall educativo che si ponga obbiettivi importanti ed epocali: fornire ai genitori le moderne competenze pedagogiche e tecnologiche per tornare ad educare i nativi digitali".

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